Manson, Blue Dot Effect

This is the Blue Dot Effect. The better things get, the more we perceive threats where there are none, and the more upset we become. And it is at the heart of the paradox of progress. In the nineteenth century, Emile Durkheim, the founder of sociology and an early pioneer of the social sciences, ran a thought experiment in one of his books: What if there were no crime? What if there emerged a society where everyone was perfectly respectful and nonviolent and everyone was equal? What if no one lied or hurt each other? What if corruption did not exist? What would happen? Would conflict cease? Would stress evaporate? Would everyone frolic in fields picking daisies and singing the “Hallelujah” chorus from Handel’s Messiah? Durkheim said no, that in fact the opposite would happen. He suggested that the more comfortable and ethical a society became, the more that small indiscretions would become magnified in our minds. If everyone stopped killing each other, we wouldn’t necessarily feel good about it. We’d just get equally upset about the more minor stuff.

Manson, Mark. Everything Is F*cked : A Book about Hope. Unabridged. [New York, NY] : HarperAudio, 2019.

Bauman, Onnivori o univori

In altre parole, non c’è prodotto di cultura che mi sia estraneo. Non mi identifico con nessuno di essi al cento per cento, in modo totale e assoluto, e certamente non al prezzo di negarmi altri piaceri. Mi sento di casa dappertutto, nonostante non ci sia un posto (o forse proprio perché non c’è un posto) che io possa chiamare casa. Non è tanto questione di scontro tra un gusto (raffinato) e un altro (volgare), quanto tra l’essere onnivori e l’essere univori, tra la disponibilità a consumare tutto e la selettività schizzinosa. L’élite culturale è viva e vegeta; è più attiva e appassionata che mai. 

Bauman, Zygmunt. Per tutti i gusti: la cultura nell’età dei consumi. Roma: Laterza, 2016.

 

Marris, La natura è ovunque

C'è anche un piccolo, ma interessante paradosso. Possiamo affermare che questo tipo di natura, non curata e selvaggia, tipica dei nostri ambienti urbani, periurbani, suburbani e agricoli, che passa inosservata, è più selvaggia di un parco nazionale, perché attualmente questi vengono gestiti in modo molto scrupoloso. Il lago Crater, nell'Oregon meridionale, il parco nazionale più vicino a me, è un bellissimo esempio di paesaggio che sembra venire dal passato. Ma viene gestito molto attentamente. Uno dei problemi attuali è la moria di pini dalla corteccia bianca. Il pino dalla corteccia bianca è un enorme albero, bellissimo e carismatico, che cresce ad elevate altitudini e che attualmente ha dei grossi problemi di salute: la ruggine vescicolare, causata da un fungo introdotto, e il coleottero della corteccia. Per poterli gestire, il personale del parco sta piantando piantine di pino resistenti alla ruggine, anche in aree che sarebbero state normalmente gestite come selvagge. Stanno anche utilizzando repellenti contro i coleotteri in aree chiave, l'ho visto l'ultima volta che sono stata lì. Questo genere di cose è molto più comune di quanto pensiate. La gestione dei parchi nazionali è molto incisiva. La struttura e l'abbondanza della popolazione animale sono controllate. Gli incendi vengono soppressi oppure innescati. Le specie esotiche vengono rimosse, quelle autoctone vengono reintrodotte. Di fatto ho visto che il parco nazionale di Banff sta facendo tutte queste cose: sopprimere incendi, crearli, reintrodurre il bisonte, applicare dei radio-collari ai lupi. Mantenere l'aspetto incontaminato di questi luoghi è molto faticoso.

Marris, Emma, Nature is everywhere -- we just need to learn to see it. Alberta: TEDSummit, 2016.