In questi ultimi decenni la raccolta di materiale fotografico e audiovisivo ha assunto una nuova e rinnovata importanza anche per il settore museografico, sempre più orientato a una trattazione interdisciplinare e multimediale dei soggetti espositivi. Si tratta nel loro complesso di collezioni che richiedono strumenti, competenze e sensibilità poliedriche, a cavallo tra le scienze umane e aspetti attinenti alla tecnica di produzione, conservazione, gestione e valorizzazione dei fondi.
Nel Canton Ticino sono presenti un gran numero di istituti culturali che custodiscono fondi fotografici significativi e che sono ancora poco valorizzati. Si tratta di biblioteche, archivi e musei depositari di collezioni che testimoniano il modificarsi della struttura urbana e sociale del territorio a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento. L’ampiezza e la varietà di questi materiali sono oggi difficili da delimitare, poiché gran parte dei fondi non sono schedati o lo sono su strumenti confinati nei singoli istituti d’appartenenza.
Tra gli istituti che vantano un numero considerevole di materiali troviamo il Centro di dialettologia e di etnografia (CDE), che raccoglie un ricco e variegato patrimonio iconografico. L’archivio originariamente non rappresentava una finalità specifica ma era da intendersi come strumento utilizzato per documentare l’oggetto di studio della dialettologia, dell’etnografia o della toponomastica. Nel primo volume del Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana (VSI) pubblicato nel 1952, Karl Jaberg evidenzia l’importanza dell’iconografia, affermando che «Il contenuto concettuale di una parola si può definire; per le cose è invece necessaria l’immagine».
L’aspetto documentario non si concentra unicamente sulla rappresentazione della civiltà contadina del passato e delle sue manifestazioni materiali ma si occupa anche di tematiche temporalmente ed emotivamente più vicine al moderno e al contemporaneo. Una delle principali peculiarità dei fondi del Centro è proprio quella di costituire un archivio vivente, che cresce e si sviluppa articolandosi con l’evoluzione delle sensibilità presenti nel territorio del Cantone.
L’obiettivo di questo contributo è di presentare i tratti caratteristici della fototeca del CDE, evidenziandone l’eterogenea ricchezza, suscettibile d’interessare l’esperto come pure il profano. Nei primi capitoli sono evidenziati gli aspetti gestionali, successivamente quelli riguardanti la diffusione dei patrimoni iconografici e i progetti che promuovono nuovi canali di comunicazione culturale e scientifica.
Accademia svizzera di scienze umane e sociali (2015)
Hochstrasser Roland. La gestione e la diffusione del patrimonio iconografico del Centro di dialettologia e di etnografia di Bellinzona, Eredità culturale di un territorio in movimento. Swiss Academies Reports 10 (3).
Il patrimonio conservato nell’archivio fotografico è di grande importanza e proprio per questo non può restare nascosto, ma deve essere valorizzato sfruttando anche i moderni mezzi di comunicazione. L’apertura al pubblico del catalogo fotografico apre nuove prospettive, in particolare permette di stabilire un nuovo dialogo con l’utenza e di trovare nuovi informatori su luoghi, eventi e personaggi ritratti.
La realizzazione di strumenti condivisi con gli altri istituti della filiera culturale permetterà infine di consolidare la gestione dei materiali e di rendere più efficiente la loro interconnessione, diffusione e valorizzazione. L’organizzazione della conoscenza è la problematica di fondo, in particolare la realizzazione di sistemi che supportino l’interoperabilità e che permettano di stabilire delle relazioni tra concetti.
Nel 1895 il fotografo Giovanni Muffone anticipava una tendenza oggi diventata virale, quella del selfie: «così noi vedremo una folla di persone che si faranno il ritratto lì per lì». In un’epoca in cui l’immagine viene vissuta e consumata in modo estemporaneo, un archivio fotografico di questa entità assume una valenza ancora maggiore, che va oltre gli aspetti storici ed etnografici, ed assume un ruolo di riferimento per la nostra cultura visiva.