L'overtourism è diventato negli ultimi anni uno dei temi più mediatizzati nel dibattito pubblico sul turismo contemporaneo, catturando l'attenzione di media internazionali, amministrazioni locali e ricercatori. Questo fenomeno, conosciuto con terminologie diverse dagli anni Sessanta del Novecento, descrive la situazione in cui l'impatto del turismo eccede le soglie di sostenibilità di una destinazione. L'articolo focalizza l'attenzione sull'evoluzione concettuale del termine, dalla sua prima formulazione accademica alla sua diffusione mediatica, esaminando le diverse manifestazioni del fenomeno e i suoi impatti multidimensionali sulle destinazioni interessate. Attraverso un approccio sistemico, il testo esplora anche il fenomeno opposto dell'undertourism, evidenziando come la soluzione non risieda nella limitazione dei flussi turistici ma in una loro gestione intelligente.
1. Etimologia e origini del termine
Il termine overtourism presenta una storia più articolata di quanto inizialmente riconosciuto nella letteratura accademica. Harold Goodwin, professore di Gestione del Turismo Responsabile presso la Manchester Metropolitan University, ha contribuito alla diffusione accademica del concetto attraverso i suoi studi sui problemi legati alla gestione sostenibile delle destinazioni turistiche; parallelamente il termine è stato ufficialmente coniato dalla piattaforma di viaggio e turismo Skift (https://skift.com/) nel 2016. La parola stessa è un neologismo composto dal prefisso "over" (eccesso) e "tourism" (turismo), che riflette chiaramente la natura del problema: un turismo che supera la capacità di carico di un territorio.
È fondamentale sottolineare che il fenomeno non è affatto nuovo, essendo stato oggetto di discussione negli ambienti accademici per molti anni (Dredge 2017). Già negli anni Settanta furono sviluppati indicatori speciali per definire la dimensione ottimale del traffico turistico per varie regioni, dimostrando come la preoccupazione per la sostenibilità turistica abbia radici profonde nella ricerca di settore. Particolarmente rilevanti in tal senso sono le ricerche condotte lungo l'arco alpino, in relazione al diffondersi di modelli urbani nelle destinazioni di montagna.
l'overtourism ha guadagnato popolarità e diffusione globale intorno al 2016-2017, quando diverse destinazioni europee hanno iniziato a manifestare pubblicamente il disagio causato dall'eccessivo afflusso turistico. Un disagio che si è temporaneamente invertito nel periodo pandemico, quando l’assenza dei turisti ha collocato anche le grandi destinazioni in un contesto di undertourism.
2. Definizione del fenomeno
L'UN Tourism (https://www.unwto.org/) definisce l'overtourism come "l'impatto del turismo su una destinazione, o parti di essa, che influenza eccessivamente la qualità della vita percepita dei cittadini e/o la qualità delle esperienze dei visitatori in modo negativo". In termini più diretti, l'overtourism è una pratica sociale che tende a scontentare sia i residenti che i turisti.
L'overtourism può essere quindi definito come la situazione in cui l'impatto del turismo, in determinati periodi e luoghi, eccede le soglie di capacità fisica, ecologica, sociale, economica, psicologica o politica di una destinazione. Questo fenomeno si verifica quando il numero di visitatori supera ciò che un luogo può sostenibilmente accogliere, causando deterioramento dell'esperienza sia per i residenti locali che per i turisti stessi.
L'avversione verso i turisti e i dibattiti sulla mercificazione della natura e della cultura da parte dell'industria turistica esistono da decenni, così come le preoccupazioni sulla perdita di autenticità e sulla strutturazione in mercati meno impattanti (green, slow, etc.). Anche le discussioni sulla capacità di carico - definita dall'UN Tourism come "il numero massimo di persone che possono visitare simultaneamente una destinazione turistica senza causare danni all'ambiente fisico, economico e socioculturale o ridurre la soddisfazione dei visitatori" - non sono nuove.
Negli ultimi anni il termine è stato adottato con grande interesse dai mass media, sviluppando solo parzialmente un tema complesso e articolato. La visione proposta è spesso polarizzata e soggetta a opinioni estreme, con una forma malcelata di anti-turismo: una lettura poco coerente con la pervasività delle attività leisure in tutta la società moderna. Alla luce della natura umana, viaggiare è infatti un fenomeno intrinsecamente legato al modus operandi della nostra specie. Siamo tutti turisti in qualche modo o in qualche momento della nostra vita.
3. Le cause strutturali dell'overtourism
Oltre allo sviluppo demografico e alla crescita delle disponibilità economiche, i cambiamenti strutturali come le compagnie aeree low-cost e le piattaforme di affitto a breve termine hanno consolidato quella che alcuni chiamano la "democratizzazione del viaggio". La stagionalità rappresenta un'altra possibile causa dell'overtourism, con molti visitatori concentrati in brevi periodi. Come già osservato, l'aggregazione dei flussi in poche destinazioni "imperdibili" aggrava il problema.
Attribuire la colpa ai turisti, con atti pubblici ampliamente mediatizzati come l'uso di pistole ad acqua contro i visitatori a Barcellona, costituisce solo una risposta individuale e semplicistica a un problema sistemico. Una causa significativa dell'overtourism è la gestione inefficace - o assente - delle destinazioni. L'overtourism è un sintomo, non il problema di fondo, di processi di lunga data che la mancanza di monitoraggio e supervisione ha aggravato.
3.1 Concentrazione spaziale e temporale
Una delle principali manifestazioni è la concentrazione dei flussi turistici in specifiche aree geografiche che godono di un'immagine turistica particolarmente positiva. Città come Venezia, Barcellona, Amsterdam, e attrazioni come Machu Picchu o le isole thailandesi, diventano vittime della loro stessa popolarità. In questi luoghi si osserva un'iperconcentrazione in aree limitate, con i turisti che tendono a visitare gli stessi punti di interesse, creando sovraffollamento nelle aree centrali o in specifici siti emblematici. Parallelamente, la stagionalità accentuata produce flussi turistici concentrati in determinati periodi dell'anno, generando picchi di presenze difficili da gestire sia per le infrastrutture locali che per il tessuto sociale.
3.2 Impatti economici
L'overtourism genera significativi impatti di natura economica sui territori interessati, con effetti ambivalenti. Da un lato, si assiste a un incremento complessivo del valore economico generato, con l'aumento dell'occupazione nel settore turistico e in quelli correlati, crescita del gettito fiscale locale e rivitalizzazione di alcune economie urbane precedentemente in difficoltà. Dall'altro lato, questa prosperità risulta spesso diseguale e problematica. Si verifica infatti una progressiva concentrazione dell'economia sul settore turistico, con la sostituzione del tessuto commerciale diversificato in favore di attività orientate esclusivamente alla ristorazione, alloggi turistici e vendita di souvenir. Ciò comporta una pericolosa dipendenza dell'economia locale, esponendola a forti vulnerabilità in caso di crisi o cali improvvisi dei flussi, come dimostrato dalla recente pandemia.
Parallelamente, si registra un'inflazione localizzata nei quartieri turistici, con aumento dei prezzi di beni e servizi che penalizza i residenti. Si osserva inoltre una precarizzazione del mercato del lavoro, con impieghi stagionali e spesso sottopagati nonostante l'alto costo della vita nelle zone turistiche. Un altro fenomeno rilevante è la distorsione del mercato immobiliare, con la conversione di abitazioni in strutture ricettive che riduce l'offerta di alloggi per i residenti e ne aumenta i prezzi, generando problemi abitativi significativi nelle comunità locali e contribuendo alla loro progressiva espulsione dalle aree centrali.
3.3 Impatti sulla comunità locale
L'overtourism genera conseguenze significative per i residenti, tra cui processi di gentrificazione con aumento dei prezzi degli immobili e degli affitti che spingono i residenti fuori dai centri storici. Si assiste inoltre a fenomeni di turistificazione, ovvero la trasformazione di spazi pubblici e commerciali per soddisfare le esigenze dei turisti anziché dei residenti, con negozi di souvenir che sostituiscono attività commerciali necessarie alla vita quotidiana. La congestione dei mezzi pubblici, delle strade e degli spazi pubblici diventa una costante, mentre si verifica un'erosione dell'identità culturale attraverso la standardizzazione dell'offerta culturale e commerciale, modellata per rispondere alle aspettative turistiche piuttosto che per preservare l'autenticità locale.
Un fenomeno particolarmente preoccupante è la trasformazione dei luoghi in "non luoghi", secondo la celebre definizione dell'antropologo Marc Augé. I centri storici e gli spazi urbani significativi, ricchi di storia e identità locale, tendono infatti a trasformarsi in spazi standardizzati, privi di caratteristiche distintive e pensati esclusivamente per il consumo turistico. Questi "non luoghi" sono caratterizzati dall'omologazione dell'offerta commerciale e culturale, dalla perdita delle funzioni sociali originarie e dalla sostituzione della vita comunitaria con una rappresentazione stereotipata e commerciale della cultura locale. Piazze storiche che per secoli hanno rappresentato spazi di incontro e socialità per i residenti diventano palcoscenici per performance rivolte ai turisti, mentre attività artigianali tradizionali vengono sostituite da versioni banalizzate e commerciali delle stesse. Questo processo di "disneyificazione" o "museificazione" dei centri storici non solo compromette l'esperienza autentica per i visitatori più attenti, ma priva soprattutto gli abitanti locali del loro diritto a vivere in spazi urbani funzionali alle loro esigenze quotidiane.
3.4 Impatti ambientali
Sul piano ambientale, l'overtourism comporta un incremento del consumo di risorse naturali - si pensi all'urbanizzazione diffusa che sottrae suolo agli ecosistemi originari - accompagnato da una maggiore produzione di rifiuti e da un aumento delle emissioni di CO2. Si registra inoltre uno stress crescente sulle risorse idriche e su altre risorse limitate, fenomeno particolarmente problematico in destinazioni con ecosistemi fragili o in aree già soggette a scarsità idrica. La degradazione di ecosistemi vulnerabili diventa inevitabile, manifestandosi attraverso l'erosione di spiagge, danni alle barriere coralline e disturbi alla fauna selvatica in aree naturali protette ma eccessivamente frequentate.
3.5 Fenomeni di resistenza
In risposta all'overtourism, sono emersi fenomeni di resistenza locale che si manifestano attraverso atteggiamenti di turismofobia, ovvero sentimenti ostili nei confronti dei turisti da parte della popolazione locale. Si sono sviluppati movimenti "anti-turismo" che organizzano manifestazioni e proteste contro le politiche turistiche percepite come eccessive o dannose per il tessuto sociale locale. Le amministrazioni hanno risposto in alcuni casi con regolamentazioni restrittive, come divieti di apertura di nuovi hotel o B&B in certe zone o limitazioni all'accesso di navi da crociera, cercando di arginare un fenomeno che rischia di compromettere il metabolismo urbano delle destinazioni più popolari.
4. L'altro lato della medaglia: l'undertourism
In contrapposizione all'overtourism, esiste il fenomeno opposto - praticamente ignorato dai media - che potremmo definire undertourism o "turismo insufficiente". Questo termine, meno diffuso ma altrettanto significativo, descrive destinazioni che possiedono potenziale turistico non sfruttato, desiderano sviluppare il turismo come leva economica e soffrono di carenza di visitatori rispetto alle proprie capacità di accoglienza.
4.1 Caratteristiche dell'undertourism
Le destinazioni colpite da undertourism spesso presentano problemi di marginalità geografica, trovandosi in aree periferiche, lontane dai principali hub di trasporto o isolate. Soffrono inoltre di scarsa visibilità mediatica, non disponendo di fattori iconici o riconoscibili che possano attrarre l'attenzione dei media o delle guide turistiche. A ciò si aggiunge la frequente carenza di infrastrutture adeguate, con strutture ricettive, trasporti o servizi inadeguati per facilitare un'accoglienza turistica di qualità. Non di rado queste aree sono caratterizzate da un declino demografico, con comunità in spopolamento che potrebbero trarre significativo beneficio economico da un incremento dei flussi turistici.
4.2 Esempi di undertourism
Il fenomeno dell'undertourism si manifesta in numerose aree rurali interne in paesi come Italia, Spagna, Portogallo, dove borghi di straordinaria bellezza restano ai margini dei flussi turistici principali. Analogamente, molte piccole città storiche non incluse nei circuiti turistici tradizionali faticano ad attirare visitatori nonostante il loro patrimonio culturale. In Europa dell'Est o Asia Centrale, molteplici destinazioni culturalmente ricche ma meno conosciute soffrono di scarsa visibilità internazionale. Anche regioni post-industriali in cerca di riconversione economica spesso guardano al turismo come possibile soluzione ma faticano ad attirare flussi significativi di visitatori.
L'undertourism rappresenta quindi una sfida diversa ma ugualmente importante: come stimolare un flusso turistico sostenibile in aree che potrebbero trarne beneficio senza incorrere nei problemi dell'overtourism che affliggono le destinazioni più popolari.
5. Verso un equilibrio sostenibile
5.1 Politiche promozionali distribuite
Una delle chiavi per affrontare simultaneamente overtourism e undertourism risiede in politiche promozionali più equilibrate. La diversificazione dell'offerta turistica rappresenta un elemento essenziale, con la promozione di destinazioni alternative ma ugualmente interessanti nelle vicinanze di quelle sovraffollate. Il marketing territoriale integrato diventa fondamentale, attraverso lo sviluppo di narrazioni che collegano diverse località in percorsi tematici, distribuendo così i flussi su territori più ampi. La destagionalizzazione costituisce un'altra strategia cruciale, con la creazione di eventi e attrazioni durante le stagioni di bassa affluenza per distribuire i visitatori nell'arco dell'anno. Non meno importante è la promozione di esperienze autentiche, valorizzando il patrimonio culturale diffuso e le tradizioni locali anche di aree meno note, capaci di offrire un'esperienza turistica più profonda e significativa.
Una delle soluzioni più frequentemente proposte per affrontare l'overtourism è la ridistribuzione dei flussi turistici. Tuttavia, non è sufficiente deviare semplicemente i visitatori: è necessario fornire strumenti di gestione adeguati e preparare opportunamente le nuove destinazioni per garantire che possano accogliere i visitatori senza tensioni. Allo stesso modo, promuovere il turismo fuori stagione è un'altra strategia spesso citata, ma solleva sfide pratiche, particolarmente in paesi come l'Italia, dove le vacanze sono tradizionalmente concentrate ad agosto.
5.2 Limiti delle soluzioni fiscali
Come correttamente evidenziato, l'idea che una tassa di soggiorno o un ticket d'ingresso possa risolvere il problema dell'overtourism si rivela spesso illusoria. Le misure fiscali presentano infatti diverse limitazioni: innanzitutto producono un effetto selettivo limitato, tendendo a filtrare i turisti solo in base al reddito, non alla qualità o all'impatto del loro comportamento. Si assiste inoltre a un fenomeno di normalizzazione della tassa che, col tempo, viene semplicemente integrata nel budget di viaggio senza modificare realmente i comportamenti o le scelte dei visitatori. Infine, considerando il volume crescente del turismo globale, l'aumento del numero complessivo di viaggiatori nel medio periodo renderà inevitabilmente inefficaci misure puramente fiscali che non affrontano le cause strutturali. In quest'ottica è utile elaborare strategie di pianificazione del territorio che possano supportare uno sviluppo urbano sostenibile.
5.3 Gestione intelligente dei flussi
Strategie più efficaci includono l'implementazione di sistemi di prenotazione e contingentamento, con limitazioni del numero di accessi giornalieri a siti particolarmente fragili o sovraffollati. L'utilizzo di tecnologie smart rappresenta un'opportunità significativa, attraverso app e sistemi di monitoraggio che permettono di distribuire i flussi in tempo reale, suggerendo alternative nei momenti di picco. Lo sviluppo di mobilità sostenibile costituisce un altro elemento chiave, con il potenziamento dei trasporti pubblici e delle connessioni verso aree meno conosciute ma di interesse culturale o naturalistico. Non va infine trascurato l'aspetto educativo, con la necessità di formare i turisti a comportamenti più responsabili e rispettosi dei luoghi visitati e delle comunità che li abitano.
Le misure di emergenza come limitare l'accesso (come si è visto a Venezia), regolamentare gli affitti a breve termine (come a Barcellona), o addirittura introdurre coprifuoco e multe per comportamenti irrispettosi rivelano i limiti degli approcci reattivi. Per affrontare efficacemente l'overtourism, è necessario agire proattivamente organizzando le destinazioni attraverso una strategia di Destination Management completa e ben strutturata.
6. Prospettive future: verso un nuovo paradigma turistico
Nei prossimi decenni i flussi turistici sono destinati ad aumentare significativamente per due ragioni principali. La crescita demografica globale comporterà un inevitabile incremento della popolazione mondiale e, conseguentemente, del numero potenziale di viaggiatori. Parallelamente, l'ampliamento della classe media globale farà sì che sempre più persone in paesi emergenti avranno accesso alle risorse economiche necessarie per viaggiare, alimentando ulteriormente la domanda turistica.
Secondo le stime dell'UNWTO, entro il 2030 gli arrivi turistici internazionali potrebbero raggiungere 1.8 miliardi all'anno, rispetto a 1.4 miliardi registrati nel periodo pre-pandemia, configurando uno scenario che richiederà strategie innovative e lungimiranti per evitare il collasso delle destinazioni più popolari.
Per affrontare questa crescita, sarà necessario un cambio di paradigma che comprenda diverse dimensioni interconnesse. La pianificazione territoriale integrata diventa imprescindibile, con la necessità di considerare il turismo nelle politiche di sviluppo urbano e territoriale sin dalle fasi iniziali, non come elemento accessorio ma come componente strutturale delle dinamiche territoriali. Un approccio di rete si rivela fondamentale, gestendo le destinazioni come sistemi interconnessi piuttosto che come entità isolate, in una logica di collaborazione e complementarità tra aree diverse. Il coinvolgimento delle comunità locali rappresenta un altro pilastro essenziale, con l'inclusione dei residenti nei processi decisionali legati allo sviluppo turistico, affinché possano beneficiarne senza subire conseguenze negative.
7. Conclusione
L'overtourism rappresenta una sfida complessa che richiede risposte articolate e sistemiche. La soluzione non risiede nel limitare il turismo in sé, che rimane un importante motore di sviluppo economico e culturale, ma nel ripensare come questo viene gestito e distribuito sui territori.
Come efficacemente sintetizzato da Parag Khanna: "The solution to over-tourism isn't to ban tourists but to sustainably develop new places for tourists to go." Questa prospettiva sottolinea come l'approccio più efficace non consista nel tentativo di arginare un fenomeno inarrestabile, ma piuttosto nella capacità di ridistribuire i flussi turistici attraverso lo sviluppo sostenibile di nuove destinazioni che possano alleggerire la pressione su quelle già sovraccariche.
Il futuro del turismo sostenibile dipenderà dalla capacità di creare un equilibrio tra le destinazioni sovraffollate e quelle che aspirano a maggiore visibilità, adottando strategie che vadano oltre le semplici misure fiscali o restrittive. Solo attraverso un approccio sistemico che consideri contemporaneamente gli aspetti economici, sociali, culturali e ambientali sarà possibile trasformare la sfida dell'overtourism in un'opportunità per un turismo più equilibrato, rispettoso e arricchente sia per i visitatori che per le comunità ospitanti.
8. Fonti Principali
Augé, M. (1992). Non-lieux: Introduction à une anthropologie de la surmodernité. Seuil, Paris.
Dredge, D. (2017). 'Overtourism' Old wine in new bottles? The Conversation.
Goodwin, H. (2017). The Challenge of Overtourism. Responsible Tourism Partnership Working Paper 4.
Khanna, P. (2021). Move: The Forces Uprooting Us. New York, N.Y: Scribner.
UNWTO (2018). 'Overtourism'? Understanding and Managing Urban Tourism Growth beyond Perceptions. World Tourism Organization, Madrid.
Milano, C., Cheer, J. M., & Novelli, M. (2019). Overtourism: Excesses, discontents and measures in travel and tourism. CABI, Wallingford.
Dodds, R., & Butler, R. (2019). The phenomena of overtourism: A review. International Journal of Tourism Cities, 5(4), 519-528.
Koens, K., Postma, A., & Papp, B. (2018). Is overtourism overused? Understanding the impact of tourism in a city context. Sustainability, 10(12), 4384.
Peeters, P., Gössling, S., Klijs, J., Milano, C., Novelli, M., Dijkmans, C., ... & Postma, A. (2018). Research for TRAN Committee - Overtourism: Impact and possible policy responses. European Parliament, Policy Department for Structural and Cohesion Policies, Brussels.
Seraphin, H., Sheeran, P., & Pilato, M. (2018). Over-tourism and the fall of Venice as a destination. Journal of Destination Marketing & Management, 9, 374-376.
Oklevik, O., Gössling, S., Hall, C. M., Jacobsen, J. K. S., Grøtte, I. P., & McCabe, S. (2019). Overtourism, optimisation, and destination performance indicators: A case study of activities in Fjord Norway. Journal of Sustainable Tourism, 27(12), 1804-1824.
Higgins-Desbiolles, F., Carnicelli, S., Krolikowski, C., Wijesinghe, G., & Boluk, K. (2019). Degrowing tourism: Rethinking tourism. Journal of Sustainable Tourism, 27(12), 1926-1944.
Martín Martín, J. M., Guaita Martínez, J. M., & Salinas Fernández, J. A. (2018). An analysis of the factors behind the citizen's attitude of rejection towards tourism in a context of overtourism and economic dependence on this activity. Sustainability, 10(8), 2851.
Roland Hochstrasser