Statistica e cultura: un binomio improbabile?

Statistica e cultura: un binomio improbabile?

Statistica e cultura possono sembrare, a una lettura rapida e superficiale, due realtà separate che interagiscono solo sotto stretta sorveglianza: semplificando, l’uomo di cultura tende a stigmatizzare le false sicurezze che si celano dietro ai numeri e, parallelamente, lo statistico considera forse con malcelato fastidio quella galassia d’attività che sfuggono a metriche facilmente delimitabili.

Ma la realtà, fortunatamente, è un po’ più articolata e permette di identificare relazioni e interazioni di grande interesse tra i due poli. Negli ultimi anni, dirigendo un ufficio che si occupa dell’uno (cultura) e in parte anche dell’altro (statistica), ho avuto modo di verificare in prima persona questo dinamismo.

Mi riferisco in particolare alle esperienze maturate all’Osservatorio culturale del Cantone Ticino (OC), un servizio che si occupa anche di statistica della cultura. Istituito nel 2006, è stata l’unica esperienza stabile di questo tipo in Svizzera fino al 7 novembre 2022, data in cui è stato presentato ufficialmente l’Observatoire romand de la culture (ORC). Una presenza benvenuta che si unisce, globalmente, a una rete che nel mondo raggruppa poco più di un centinaio di realtà analoghe.

 Come il nome stesso indica, gli osservatori tendenzialmente osservano, utilizzando prevalentemente statistiche e dati primari e secondari. Sono centri specializzati proprio in virtù delle difficoltà che il settore pone: le pratiche culturali costituiscono infatti un sistema d’attività eterogenee che si articolano su più dimensioni, come quelle economiche e sociali, ma anche quelle immateriali, quelle trasversali e difficili da circoscrivere. Le declinazioni sono inoltre diverse, con ambiti ben coperti dalle statistiche ufficiali e altre discipline che non presentano informazioni continue, metodiche né comparabili. Senza contare la dinamicità del paesaggio, contraddistinto da cambiamenti continui, che si manifestano con ritmi cangianti.

Per far fronte alla fluidità del settore, il nostro Osservatorio non ha adottato un approccio tradizionale, rivolto unicamente all’elaborazione di indagini e rapporti. Nell’esperienza ticinese, un ruolo centrale lo gioca anche l’interazione con e sul territorio. Di primaria importanza in tal senso sono i progetti sviluppati in rete con operatori culturali, scuole universitarie e altri servizi della pubblica amministrazione. In questi ultimi anni l’OC ne ha lanciati diversi, tra cui la Guida letteraria della Svizzera italiana e l’Agenda culturale. Diverse proposte hanno permesso di consolidare le sinergie con l’USTAT, come ad esempio la preparazione di contributi nella rivista Dati, lo scambio di dati e soprattutto di competenze, grazie in particolare alla presenza del Capo Ufficio Pau Origoni nel comitato scientifico dell’OC.

Da un punto di vista metodologico, mi permetto di rilevare un ultimo aspetto centrale che riguarda il dialogo tra le tecniche quantitative e quelle qualitative, grazie al quale possiamo elaborare approcci multipli e differenziati particolarmente funzionali in determinati perimetri d’indagine. È infatti di grande interesse far emergere punti salienti che non si limitino ai risultati dei sondaggi tradizionali, ma che siano aperti alle suggestioni dei focus group e delle interviste semi-strutturate. La ricerca permette così di considerare altre dimensioni, diverse e complementari, rispetto a quella specificamente numerica.

Per concludere: numeri e cultura sono un binomio improbabile? No, tutt’altro. Dobbiamo considerare i numeri e la cultura come due aspetti interconnessi e complementari della conoscenza umana. Trovo che vi siano sinergie e relazioni che potrebbero crescere ulteriormente: penso in particolare all’introduzione di metodi statistici più elaborati e differenziati per “rendicontare” alcuni settori culturali ad oggi poco considerati, o alla diffusione aperta e trasparente delle statistiche raccolte dagli operatori culturali stessi. Sull’altro fronte anche la statistica potrebbe considerare o ispirarsi ad alcune peculiarità del settore culturale: ad esempio valutare con maggiore apertura i sincretismi metodologici che sfruttano le potenzialità dell’analisi quantitativa con approcci qualitativi. Oppure, valutando maggiori spazi creativi in cui poter esprimere i risultati statistici con strategie comunicative che si rifanno alle arti visive o –perché no? – performative.

All’orizzonte si profilano nuove sfide per chi è chiamato a sostenere, monitorare e analizzare le pratiche culturali. Metodi di calcolo sempre più potenti e pervasivi con i big data e gli open data, con il contraltare della protezione della privacy; il tutto condito con l’esigenza di comunicare sempre meglio i risultati e il ruolo ancora da chiarire dell’intelligenza artificiale. Il presunto bipolarismo statistica-cultura crea uno spazio prezioso di tensione e dialogo tra sensibilità diverse che forse sapranno portare risposte improbabili a queste sfide. Come disse Oscar Wilde, è meglio essere sempre un po’ improbabili.

Roland Hochstrasser

Dati - Statistiche e società, A. XXIII, n. 1, giugno 2023

https://www3.ti.ch/DFE/DR/USTAT/index.php?fuseaction=pubblicazioni.dettaglioVolume&idCollana=3&idVolume=3341